Sono passati alcuni giorni dal passaggio del ciclone a Manakara, Giangavino ce ne parla e ci aggiorna sulla situazione delle 10 scuole che sosteniamo
In questo angolo di mondo si parlava del ciclone Batsirai in arrivo sulla costa orientale malgascia da qualche settimana, ma fino al giorno prima, ossia sabato pomeriggio scorso, la vita trascorreva pressoché normale: tanta gente per le strade e mercati super affollati come qualsiasi giorno della settimana! Con info incerte sull’orario esatto d’arrivo mi sono preso la briga di fare un giro nelle “nostre” 10 scuole, le più povere di Manakara. Le ho trovate piene di gente, dato che il Governo le aveva riconvertite in rifugio per gli abitanti dei rispettivi quartieri che vivono in abitazioni più precarie. Con i pochi averi caricati a spalla, famiglie variegate e variopinte prendevano spazio nelle aule, dove fino alla settimana prima avevamo provveduto a fare la distribuzione agli studenti dei kit scolastici ed era stata una gran festa.
Vedere gli stessi bambini a distanza di così poco tempo, in un contesto talmente diverso, mi ha fatto sussultare! Percepire la loro inquietudine, ascoltare le loro richieste, mi ha fatto improvvisamente sperare che la serata e la notte passasse presto per tutti!
Nel pomeriggio il vento cominciava ad alzarsi e la pioggia a cadere in maniera più insistente: le strade si sono improvvisamente svuotate, i negozi sono stati chiusi, le persone predisponevano sacchi di sabbia sui tetti di lamiera più precari e sugli usci di casa…
All’imbrunire è andata via la luce (staccata per ragioni di sicurezza). Dalle 18 di sabato alle 6 di domenica abbiamo passato ore di apnea, in compagnia del soffiare del vento sempre più forte e delle secchiate d’acqua che si abbattevano sulle finestre. Dopo una decina d’ore in dormiveglia, alle prime luci dell’alba, ciò che vedevo dalla mia finestra non era per niente edificante. Tetti divelti, alberi caduti, strade sbarrate erano lo “spettacolo” che la domenica mattina ci aveva riservato. L’Oceano Indiano, a qualche centinaio di metri dal centro, ancora faceva sentire il suo brusio sordo e incessante.
Come per un senso di liberazione, la gente si è riversata per le strade, a fare la conta dei danni e a sincerarsi che i vicini stessero bene. Anch’io mi sono recato a casa di colleghi e amici: ciascuno aveva la sua storia e aneddoto da raccontare.
Neanche il tempo di riordinare le idee che è venuto il tempo di sapere come era andata nelle nostre scuole e di come stavano i nostri bambini e i loro familiari sfollati: i danni in alcune sono ingenti, la scuoletta di Ampasimandoro, a 50 metri dal mare, è stata la più colpita: 3 aule sono inagibili e la copertura è stata completamente divelta. Vedere 2 maestrine e 2 bambine di terza elementare (Patricia e Chantal), che con tanta dedizione provavano a recuperare i quaderni inzuppati, i poster caduti e in banchi coperti di fango non mi ha lasciato indifferente e un pizzico di commozione è subentrato. Anche le altre scuole hanno subito danni, in particolar modo ai tetti, ci siamo ripromessi di fare in modo che possano riprender le lezioni, annunciate per lunedì prossimo, nelle migliori condizioni possibili.
La corrente elettrica ha ora ripreso ad essere erogata seppur a singhiozzo, le maggiori vie di comunicazione sono danneggiate, al mercato alcuni generi di prima necessità potrebbero scarseggiare dato che i più abbienti si possono permettere di fare scorte ma i poveri che vivono alla giornata rimangono irrimediabilmente indietro.
Scrivo queste righe dopo che assieme ai colleghi abbiamo terminato di elaborare i dati raccolti sul terreno ieri, facendo stima dei danni e stabilendo priorità. Su dieci, solo due edifici non necessitano di interventi, la nostra intenzione è di non lasciare sole le “nostre” scuole e sostenerle nella ricostruzione.