Madagascar, Volontariato

LA VETRINA DEI DOLCI

Lettera di Chiara Folloni, volontaria RTM per un anno in Madagascar con il Servizio Civile Nazionale estero

Madagascar, 27 novembre 2015

Come il bambino che passa di fronte ad una vetrina di dolci assaporando con occhi sognanti la dolcezza del cioccolato, trascinato via dalla mano della madre, molte parti della mia vita sono state desiderate, osservate da lontano, immaginate, ma mai concretizzate.

Anche questa volta stavo per appellarmi alla forza incontrastabile di quella mano, senza rendermi conto che paura, abitudine e pigrizia, accumulate nel tempo, mi avevano resa incapace di esprimere davvero ciò che sono.

Un’altra mano mi ha presa, mi ha fermata, “Tu chi sei, Chiara?” mi ha chiesto. Così ho seguito l’istinto e, senza capire davvero cosa stessi facendo, ho iniziato a camminare in un’altra direzione, verso la vetrina.

Incredibilmente la porta si è aperta. Sono dentro, in attesa del mio turno, chiedendomi che sapore avrà il mio dolce. La sfida è proprio questa, difficile quanto appassionata, di scovare nella pura semplicità quanto di più vero c’è in noi.

Molti non hanno capito la mia scelta.
“Anche qui c’è bisogno di aiuto, fai senza andare tanto lontano, questo è il tuo Paese.”
“Guarda quanti scappano dal loro Paese per venire qui, dove si sta bene, non sappiamo più dove metterli! E tu vai là da loro?”
“Tu non sei normale.”

C’è un concetto di fondo che ci è stato inculcato fin dalla nascita: il Possesso. Mera storpiatura del concetto d’ appartenenza, serena e pacifica, a causa di interessi economici che, fomentati dalla possibilità d’avere, hanno deviato la visione del mondo in una dualità imprescindibile, Mio e Tuo.
Chi difende la propria patria dall’Altro, o chi mette l’aiuto verso il proprio simile prima dell’aiuto allo straniero, come fosse posseduto dalla sua propria terra, crea barriere invisibili e si nega la possibilità di conoscere.
Io appartengo ad una cultura, sono affezionata ed orgogliosa della terra nella quale sono cresciuta, ho la pelle bianca e ho la possibilità di curarmi, studiare e scegliere.

Ho scelto di conoscere altre culture, altre terre, altre persone. Più le conosco, più conosco me stessa. Più conosco me stessa, più prende forma davanti ai miei occhi un mondo fatto di relazioni.

Il calore umano che ho trovato in Africa, non l’ho mai trovato altrove, se non in poche altre persone. Lo chiamano “The human touch”, ne sono stata rapita e mi ha cambiato la vita, letteralmente.
Ed eccomi qui, in Madagascar, tra nuovi occhi, sguardi diversi, a sentirmi la Vasà della situazione ovunque vada.
Senza aver fatto nulla ricevo rispetto, attenzione e cura; modi di fare sinceri, ma dovuti alla mia pelle bianca. Non sento di meritarli. Quel calore umano che mi ha cambiata è macchiato da anni di sfruttamento e violenze. Per un attimo il mio mondo ha tremato.
Ma è stato proprio quel sentirmi accolta, nonostante le distanze e le differenze, che mi ha aperto gli occhi. Mi ha portato a credere nella forza dello scambio, nel valore di ogni singola persona, nella ricchezza che porta la diversità: la consapevolezza che siamo individui con lo stesso bisogno di affetto, sicurezza, stima e realizzazione. Tutto questo sta nelle relazioni umane.

Da un male passato può nascere tutto questo. C’è speranza.

Ed è quando guardi il cielo, un raggio rosa tra le nubi scure. È quando guardi la pioggia scrosciante cadere a cascata dai tetti ondulati. È quando vedi la terra rossa, la vegetazione verde a sprazzi bianca, rosa, lilla e gialla, ricca di vita. È quando vedi persone sedute su quella terra, perché quella terra la vivono. È quando vedi quella terra sulle case e sui vestiti, sfumati di rosso. È quando vedi prati di vestiti e prati di rifiuti, stesi, buttati, ad asciugare, da bruciare, da dimenticare. È quando vedi i frutti della terra ammucchiati su banchi di legno, colori. È quando vedi sorelle bambine che portano bambini fratelli in spalla, piegate dal peso, ma instancabili. Sempre avanti. È quando vedi la gioia per un sorriso, il sorriso per un gioco, le corse per non farlo finire, le risate dal cuore e gli occhi accesi di vita. È quando vedi una vita trascorsa seduta dietro un banchetto, giorno dopo giorno, con la pazienza e la pace di un unico pasto, del pensiero del solo oggi. È quando senti un continuo chiacchiericcio, canti ritmati, clacson, motori e odore di smog, rifiuti e bruciato. È quando vedi scarpe appese, pile di materassi trasportate su un carretto, docce per strada, divani, sedili da auto e grondaie in vendita lungo la via; macchine d’epoca, pulmini stracolmi, polli e pulcini tra i passi, ragni giganti, invasioni d’insetti, mancanza di luce o acqua, cappelli bizzarri, gente scalza, buche crateriche e bocche sdentate.

Quando vedi tutto questo capisci di essere nel posto dove vorresti essere e non importa nient’altro. Senti che tutte queste immagini improbabili fanno parte di quel modo di vivere autentico che, solo, sa farti emozionare, ridere, divertire e aprire il cuore alla consapevolezza di essere parte di questo mondo, di esistere e di essere viva, qui ed ora, naturalmente tra le persone e profondamente nella natura.

Tutti questi particolari sono ciò che serve osservare. L’essenziale.

Chiara

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