Alberto è rientrato dopo un anno ad Antananarivo. È passato a trovarci e ci ha parlato della sua esperienza in Madagascar
Bentornato Alberto! Come va? Come è stato il rientro?
È stato come sempre strano doversi riabituare al contesto italiano. Di fatto erano due anni che ero via da Reggio, prima in Tanzania e subito dopo in Madagascar. Si torna e si inizia a metabolizzare, capisci davvero cosa hai fatto quando torni.
Di cosa ti sei occupato?
Ero il responsabile del BU.Coo. (Bureau de Cordination) di Tanà, cioè mi occupavo di logistica, contabilità, partner, gestione del personale e della rappresentanza, oltre che del progetto “Famiglie Vulnerabili”.
E com’è andata?
È stato un anno lavorativamente parlando di grande crescita e di tante soddisfazioni, in cui ho imparato tanto, sia per quanto riguarda la cooperazione che lavorare in un paese come il Madagascar.
Le sfide sono state tante, ma comunque importanti per imparare e sempre superate grazie al supporto dei colleghi.
È stato come ti aspettavi?
Si e no, come sempre del resto in esperienze in paesi così diversi dal nostro. Ho anche avuto una precedente esperienza simile, però i Paesi sono diversi. Solo quando sei sul posto ti rendi conto, concretamente, della vita di tutti i giorni.
Una soddisfazione che hai ottenuto?
Essere riuscito ad instaurare un bel rapporto con i colleghi, pur nelle differenze culturali. È una bella squadra in cui si lavora bene insieme per un obiettivo comune.
La difficoltà maggiore?
In generale relazionarsi e operare in un contesto in cui le condizioni della popolazione sono così difficili. Da un lato te lo aspetti, ma accettarlo non è sempre semplice.
Un ricordo bello che hai?
Quando ho visto il mio primo baobab bottiglia. Ho sempre avuto una passione per queste piante e ho potuto vederle dal vivo di varie forme e dimensioni.
Un rimpianto?
Non aver imparato il malgascio, solo il minimo per sopravvivere.
Cosa ti senti di consigliare chi affronterà un’esperienza in Madagascar?
Di arrivare con una mente più aperta possibile, sia per comprendere ma anche per accettare le differenze. Cercare di entrare il più possibile nella cultura e società malgascia.
Tenere sempre a mente che si è lì come persona a servizio di un altro popolo. Si devono affrontare delle ingiustizie, sempre però senza mettere le proprie idee davanti a chi ci vive, ci è vissuto e ci vivrà in futuro. Ringrazio tutti quelli che mi hanno accompagnato, conscio di aver fatto un piccolo pezzo di una strada che è più lunga.
E ora, i tuoi progetti per il futuro quali sono?
Adesso tonerò in Tanzania in vacanza con la famiglia. Poi deciderò, devo capire se continuare a lavorare in giro per il mondo o in Italia. Per ora non mi pongo limiti, ora voglio lasciar sedimentare questa esperienza per capirla meglio e poi vedere cosa voglio fare.