Mauro è rientrato dopo 8 anni in Madagascar. È passato a trovarci e ci ha parlato della sua esperienza
Bentornato Mauro! Come va? Come è stato il rientro?
Bene ma non facile dopo otto anni, di cui i primi due a Manakara e gli altri ad Antananarivo. Questi otto anni sono volati via! Mi sembra come fosse ieri il mio arrivo in Madagascar e mi fa strano ora essere rientrato, che alla fine sia toccata anche a me. Mi ero abituato a vedere gli altri rientrare e non avevo mai contemplato il fatto che prima o poi sarebbe arrivato il mio turno.
Mi sono veramente reso conto della fine del mio percorso in Madagascar solo quando ho fatto il mio veloma (saluto in malgascio) dalle suore a Tongarivo.
Raccontaci un po’ di questa tua esperienza?
Quando fai qualcosa che ti piace, il tempo vola. Sicuramente il Mauro che ha lasciato il Madagascar è diverso da quello di otto anni fa. Non mi riconoscerei. RTM e il Madagascar mi hanno insegnato tanto sia a livello professionale che umano.
Ho imparato a conoscere un Paese che posso chiamare casa. Venivo in Italia in vacanza e poi tornavo in Madagascar a casa. Non sono partito neanche durante la pandemia. Ho preferito restare ad aiutare i miei colleghi.
Non mi sono mai sentito lontano dall’Italia. Le nuove tecnologie annullano le distanze. Non mi sono neanche mai sentito solo ma parte d’una grande famiglia. Oltre le amicizie instaurate con gli altri volontari sono state per me molto importanti anche le tante amicizie costruite e coltivate con le altre persone incontrate lungo il mio cammino. Tanti sono i giovani locali che con impegno e passione giornalmente cercano di migliorare se stessi e creare un futuro migliore anche per il proprio paese. Ci vorrà ancora tanto tempo ma io ho fiducia in loro.
Un rimpianto?
Non aver mai veramente imparato il malgascio…e dopo otto anni questo è qualcosa di cui veramente vergognarsi.
La difficoltà maggiore?
Ambientarmi al modo di fare malgascio, abituarmi a parlare con voce bassa, meno diretta. È un popolo che ha una sua “delicatezza” culturale, va compreso per poter essere apprezzato.
Una soddisfazione che hai ottenuto?
Una volta che siamo andati a visitare una scuola. Un papà mi ha detto che grazie a uno dei nostri progetti aveva più fiducia in sé, che riusciva a mandare i figli a studiare e che si vergognava meno della propria situazione socio-economica. Un semplice commento che mi ha commosso, che mi ha fatto sentire parte di qualcosa più grande di me. Un piccolo ingranaggio al servizio del futuro del Madagascar. Mi sono sentito fiero di quello che facevamo. Stando in ufficio non sempre ti rendi conto dell’impatto che hai sulla vita dei beneficiari che si sostiene.
Un ricordo bello che hai?
Quando sono salito in cima al Pic Boby (la seconda montagna più alta del Madagascar). Da lì vedevo tutto, potevo contemplare l’immensità di questa bellissima isola.
Vorrei citare anche un momento non bello ma molto toccante. La morte di Don Pietro Ganapini e l’abbraccio commosso di Sr. Giacinta subito dopo esserci incontrati alla notizia di questo triste evento. Una donna forte che ho visto piangere per la prima volta. Tutti e due mi hanno insegnato tanto e tutti e due mi mancano tantissimo. Mi ritengo fortunato d’aver potuto incontrare due simili giganti lungo il mio cammino. Me li porterò per sempre nel cuore.
Quindi è stata l’esperienza che ti aspettavi?
Venivo da altre esperienze in altre parti del mondo. Questa è quella che più mi ha toccato, non per niente poi sono rimasto tanti anni. Non mi aspettavo d’innamorarmi di questo Paese, di sentirmi parte di esso. Io ero partito per fare un’esperienza di lavoro, ma è nato molto altro tra cui il rispetto e l’affetto per RTM.
Lavorare con RTM mi ha permesso di conoscere la realtà sociale di Reggio e dintorni, sia a livello di singole persone che della Diocesi. Ho scoperta una comunità viva, che si dà da fare, persone che fanno tanto. Ciò non è scontato. Ho conosciuto persone con cui sicuramente rimarrò per sempre in contatto. Ho conosciuto anche tantissime altre persone che purtroppo non ci sono più ma che mai potrò dimenticare come ad esempio Don Romano e Luciano Lanzoni.
Cosa ti senti di consigliare chi affronterà un’esperienza in Madagascar?
Essere pazienti, darsi il tempo di capire il contesto in cui si à inseriti e saper apprezzare ciò che si trova lungo il proprio cammino nella sua semplicità, che molte volte per noi sembra un difetto ma che invece nella realtà non lo è.
E ora, i tuoi progetti per il futuro quali sono?
Anche se il progetto con RTM in cui ero inserito si è concluso sarei rimasto volentieri nel Paese, ma la vita ora mi porta in Etiopia, sempre nell’ambito della cooperazione. Però tornerò in Madagascar, se non altro in vacanza. Mai dire mai nella vita.